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Mobilità condivisa: siamo pronti a rinunciare ai veicoli privati?

17 giugno 2020

In che modo la sharing mobility o mobilità condivisa può migliorare l'ambiente? Quali sono le criticità? A che punto siamo?

By Tommaso Turbati

“Una delle sfide più grandi per la popolazione mondiale sarà la gestione del fenomeno del cambiamento climatico e la sua relazione con le persone, il progresso e l’ecosistema. Per molti anni le persone hanno aumentato il loro benessere consumando risorse naturali e danneggiando le dinamiche ecosistemiche naturali.” (IPCC “Climate Change 2014: Impacts, Adaptation, and Vulnerability” Summary for Policymakers).

Questo è ciò che riporta uno dei documenti più autorevoli a livello mondiale in materia di ambiente e sviluppo sul quale scienziati e politici si interrogano a livello globale. Il cambiamento climatico in realtà non rappresenta di per sé un problema, in quanto il nostro pianeta ha già attraversato diverse ere climatiche nel corso della sua storia. Il tema su cui l’intera popolazione mondiale deve porre particolare attenzione è piuttosto la capacità dell’ecosistema di assorbire gli impatti provocati dalla razza umana e la capacità delle persone di adattare la propria vita a questi cambiamenti.

Esistono molteplici aspetti da tenere in considerazione riguardo la sostenibilità e lo sviluppo che nella maggior parte dei casi si intrecciano tra loro. Il tema della mobilità sostenibile è uno di questi: ad oggi rappresenta per tutto il mondo una grandissima sfida, soprattutto alla luce dell’impatto atmosferico delle emissioni dei mezzi di trasporto. La mobilità attraverso veicoli di vario genere implica infatti l’utilizzo di carburanti fossili e/o un consumo energetico (compresa la produzione dell’energia stessa). Di conseguenza si possono identificare due tipologie di problematiche ambientali: la prima legata all’alto consumo di energia e della sua produzione, la seconda riguarda invece la quantità di suolo che questi veicoli occupano. (Figura 1) 

(Figura 1) Grammi di CO2 per passeggero per km.

Perché la mobilità condivisa può aiutare l'ambiente

Queste due tematiche trovano particolare riscontro nelle metropoli e nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile che, sempre di più, chiama le nostre città a dare delle risposte. I grandi centri urbani sono gremiti di auto private che quotidianamente vengono utilizzate per qualunque spostamento generando ogni giorno traffico e riducendo la “guidabilità” delle strade, con un conseguente aumento dell’emissione di inquinanti. In un lavoro di M. Barth, K Boriboonsomsin et. All. del 2009 viene analizzata proprio la relazione tra il traffico automobilistico e l’aumento della CO2 confermando che il tempo speso in automobile nel traffico è una delle cause di incremento d’inquinanti nei centri urbani di grandi dimensioni. Il tema della mobilità e dell’ambiente si intersecano dunque in modo indissolubile, dando sempre più rilevanza alla “sharing mobility” come una delle possibili soluzioni. La sharing mobility si può definire come “la condivisione di un veicolo che abilita l’utente ad avere accesso ad una modalità di trasporto anche per poco tempo e solo quando necessario” (Transportation Sustainability Research Center Tsrc Berkeley University). Emerge così come all’interno di questa definizione si provi a ridisegnare un paradigma culturale che va ben oltre la mobilità, arrivando a toccare alcuni concetti molto radicati nella nostra società quali ad esempio il possesso e l’utilizzo di un bene. Il concetto di mobilità condivisa diventa quindi direttamente correlato a quello di sharing economy, fenomeno in sviluppo che indica il noleggio di un bene al posto del suo acquisto; l’idea alla base è quella che con uno stesso bene si possano soddisfare più persone evitando così l’acquisto dello stesso. Nel caso specifico dell’automobile ad esempio si eliminano le spese legate ai costi fissi attraverso la condivisione del servizio; portando vantaggio soprattutto agli utenti che non necessitano di un utilizzo costante del veicolo. 

Il cuore del problema della mobilità risiede in realtà solamente in parte nel dibattito attuale legato alle fonti energetiche utilizzate per il funzionamento dei veicoli. L’aspetto più critico è infatti la volontà di riprogettare completamente il modello di mobilità che ha permesso alla nostra civiltà di svilupparsi fino ad oggi, ma che non risulta essere più attuale. All’inizio del ‘900 infatti, grazie alla diffusione di diversi veicoli innovativi per l’epoca, le persone ebbero la possibilità di muoversi più velocemente verso nuovi villaggi, città e nazioni; questa fu una grande opportunità di sviluppo culturale ed economico, che portò un miglioramento della qualità della vita. In altre parole, oggi occorre concentrarsi su come le metropoli e i centri urbani interpretano la mobilità delle persone e quali spazi vogliono offrire ai loro abitanti. Si rende così necessario un lavoro congiunto tra sviluppo di sistemi di condivisione agili ed innovativi (ancora più efficienti se progettati con il coinvolgimento dei potenziali utenti) e di implementazione del trasporto pubblico per migliorare il trasporto intermodale e la mobilità urbana, diminuendo di conseguenza l’impatto ambientale di questa, consapevoli che la soluzione al problema non sarà mai unica. (Figura 2)

(Figura 2) Campi di applicazione e differenti tipologie di sharing mobility, TSRC e Caltrans (2015).

Per concludere provando ad analizzare i vantaggi offerti dalla mobilità condivisa si può dire che essi siano legati alla facilità di muoversi e alla possibilità di utilizzare veicoli senza sostenere costi fissi. Questo modello di comportamento negli ultimi anni ha avuto un particolare impulso in vari settori anche a causa (o grazie) alla crisi economica. Parlando di dati ambientali, prendendo ad esempio servizi di car-sharing, possiamo affermare che la riduzione della proprietà dei veicoli si traduce in una minore domanda di parcheggi, meno congestione stradale, maggiore sicurezza stradale grazie alla riduzione degli incidenti e riduzione delle emissioni inquinanti locali e del consumo energetico. Il rapporto europeo sullo stato del car-sharing afferma che, nel confrontare le flotte di auto private con le flotte di car sharing, queste ultime possono presentare dal 15 al 25 % in meno di emissioni specifiche di CO2. Inoltre, l’Environmental Assessment Report afferma che il car-sharing ha il potenziale per ridurre le emissioni del 40-50% (Patrícia Baptista et all. 2014). Questo miglioramento è possibile grazie ad una razionalizzazione dell’utilizzo dei veicoli e della mobilità, parallelamente ad una trasformazione culturale. Potrebbero sicuramente essere condotti diversi studi sulla quantità di suolo riqualificabile in seguito alla riduzione del parco veicolare nei centri urbani, aprendo nuovi orizzonti per una pianificazione urbanistica innovativa di spazi e luoghi per le persone.  Con queste attenzioni e analisi la relazione tra sharing mobility e sostenibilità ambientale e sociale diventa una realtà ben definita, oltre a essere una sfida che deve interrogare governanti, scienziati e cittadini.

 

Bibliografia:

IPCC (2014) Climate Change 2014: Impacts, Adaptation, and Vulnerability. Summary for Policymakers. 1101pp.

Barth, M., Boriboonsomsin, K., Kanok (2009). Traffic congestion and greenhouse gases. Access Magazine. 9 pp.

Patrícia Baptista, Sandra Meloa, Catarina Rolima (2014). Energy, environmental and mobility impacts of car-sharing systems. Empirical results from Lisbon, Portugal. 2013 – 16th Meeting of the EURO Working Group on Transportation .aIDMEC - Instituto Superior Técnico, Universidade Técnica de Lisboa,

Transportation Sustainability Research Center Tsrc Berkeley University

www.greenreport.it/news/clima/mobilita-quanto-puliti-mezzi-trasporto-europei

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