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La pandemia come chance per ripensare la città e le periferie

26 aprile 2021

di Giulia Villa

Rigenerazione urbana, trasporti efficienti e sviluppo sostenibile

Il futuro delle nostre città sembra estremamente incerto in un periodo in cui la pandemia continua ad avanzare.  Lo capiamo di giorno in giorno: nulla sarà come prima. Anche quando l’onda del Covid-19 si sarà ritirata, le forme della vita quotidiana, l’organizzazione del lavoro, i processi produttivi, le relazioni sociali e politiche, non potranno ritornare allo stato in cui li avevamo lasciati soltanto poco più di un anno fa.

Alla luce dei tanti cambiamenti che la pandemia ha portato, la città appare come una realtà profondamente mutata. Durante il lock-down abbiamo osservato le città dalle finestre di casa o dallo schermo del pc, abbiamo osservato città vuote, immobili, mancanti della loro comunità confinata dallo slogan #iorestoacasa.

In questo contesto, dove tutto è temporaneamente immobile, nonostante si inizi ad intravedere un momento di svolta, si riapre la discussione sulla nuova forma urbana del futuro. Emerge tra tutte la potenzialità delle periferie, che sostanzialmente ancora oggi vengono percepite come dei territori di transazione, come frammenti urbani. Non è, infatti, da sottovalutare il problema della riqualificazione delle periferie, non ancora centrale nelle politiche di sviluppo delle nostre città.

Le trasformazioni urbane degli ultimi vent’anni sono state il frutto di operazioni puntuali, che hanno riguardato solo parti della città, quasi sempre le più centrali a discapito delle periferie. Solo da poco tempo si è arrivati a comprendere l’utilità di agire a favore di questi luoghi.

I disagi sofferti durante il lock-down possono essere le tracce, a partire dalle quali costruire veri e propri piani di quartiere che si occupino con cura delle condizioni di vita ripensando totalmente il modo in cui vivere questi luoghi e ricostruendo il tessuto sociale tra i quartieri.

Ai margini della città c’è un sommarsi di disparità non solo di reddito, ma anche di formazione culturale, di opportunità di lavoro, di prossimità ai servizi e di qualità dei servizi stessi. Tra un quartiere e l’altro intercorrono fratture enormi, che sembrano ormai sempre più ampliarsi. La distanza si accentua tra territori che in realtà sono spazialmente contigui.

In queste aree fragili si propone dunque una sfida vecchia e nuova allo stesso tempo. Molte città hanno iniziato a pensare non soltanto allo sviluppo della mobilità lenta, con piste ciclabili e aree pedonali allargate, ma anche allo slogan che sta prendendo piede in molte parti del mondo della ‘città a 15 minuti’.  L’ipotesi è quella non solo di intervenire ampliando lo spazio pubblico praticabile per mobilità e distanziamento, ma anche riportando nei quartieri una serie di servizi commerciali e pubblici mancanti o che sono scomparsi via via nel tempo.

Tra i tanti cambiamenti che la pandemia ha portato in città, c'è anche la nuova modalità di lavorare di tanti cittadini che invece di spostarsi dalla periferia al centro, operano direttamente da casa oppure si avvalgono degli spazi di coworking presenti nel proprio quartiere. Stare a casa costa meno, la città si svuota, gli esercizi commerciali chiudono, i trasporti pubblici perdono utenza, i turisti diminuiscono. Il sistema-città rischia di subire un drastico abbassamento della qualità della vita unito a una crescita esponenziale del numero dei poveri e una moltiplicazione dei costi. La soluzione sta però nella capacità di tutti di adattarsi al nuovo contesto senza rassegnarvisi, e cercare dentro la nuova situazione le idee giuste per andare avanti e guardare al futuro.

Il rilancio delle periferie è quindi la grande sfida dei prossimi anni: recupero delle aree dismesse, un sistema di trasporti efficiente e integrato, uno sviluppo sostenibile e la qualità della progettazione devono far sì che venga inaugurato un nuovo modo di pianificare e di costruire.

Soltanto recentemente abbiamo riscoperto l’importanza dello spazio pubblico, almeno nei centri storici delle città, ma manca ancora nelle periferie. Tutto sembra indicare che questi spazi dovranno tornare ad essere vissuti in modo diverso. Nessuno sa bene se dopo il Covid cambieranno le vecchie abitudini, ma certamente questa è la chance necessaria per “ripensare la città”.

La città si è riorganizzata e sono emerse possibilità di trasformazione precedentemente impensabili. L’obiettivo è quello di arrivare a pensare ad una città più moderna, più attenta all’uso delle risorse e all’eliminazione delle disuguaglianze, in poche parole: più bella. Una città che, oltre ad essere più efficiente e funzionale, rifletta anche il mondo interiore dei suoi abitanti. Sono queste le tematiche cui l’urbanistica e la progettazione sono chiamate a dare risposte credibili per il futuro non solo per potersi riadattare ad un nuovo modo di vivere, ma per acquisire la capacità di prepararsi alla prossima emergenza.

È con questo spirito che sono nati progetti innovativi in tutto il mondo, come Reinventing Cities, che vede lavorare fianco a fianco Amministrazioni Pubbliche, imprese e progettisti per riqualificare le città del mondo, comprese Milano e Roma. Anche noi di Stantec abbiamo l’onore di partecipare ad uno di questi progetti, L’Innesto, che restituirà a Milano un quartiere a zero emissioni al posto del vecchio scalo ferroviario dismesso Greco-Breda.

  • Giulia Villa

    Giulia Villa, architetto, laureata al Politecnico di Milano. Fa parte del team di architettura di Stantec e supporta anche altri team di lavoro per quanto riguarda la grafica e rappresentazione. Scopri di più.

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