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Che aria si respira in Italia

16 febbraio 2018

Nove cittadini su dieci sono esposti a livelli troppo alti di inquinamento da particolato ed ozono

Negli ultimi decenni la qualità dell’aria nelle nostre città è andata progressivamente migliorando, grazie a un mix energetico più favorevole, a carburanti migliori, alla diffusione di tecnologie di abbattimento delle emissioni sempre più efficaci. Tuttavia, ancora oggi l’inquinamento atmosferico rappresenta una delle principali minacce ambientali e sanitarie.

Oggi in Europa, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nove cittadini su dieci sono esposti a livelli troppo alti di inquinamento da particolato ed ozono e più della metà degli Stati Membri è in procedura di infrazione per il mancato rispetto dei limiti di concentrazione di PM10 o NO2, incluso il nostro Paese.

Per quanto riguarda i due inquinanti più critici a livello sanitario, particolato (PM10) e biossido di azoto (NO2), più della metà degli Stati membri, Italia compresa, è in procedura di infrazione. Molte zone in Italia rimangono infatti critiche, non solo il bacino Padano – da Torino a Venezia – ma anche l’area metropolitana di Roma, quella di Napoli, l’area del frusinate, la Puglia, la costa sud est della Sicilia. L’Italia, con oltre 90.000 morti premature e 1.500 decessi per milione di abitanti (1.116 solo per il particolato PM2,5) è maglia nera tra i grandi paesi europei per l’inquinamento atmosferico (1.100 in Germania, 800 in Francia e Regno unito, 600 in Spagna). I responsabili? Il traffico stradale, ma anche l’agricoltura e il riscaldamento a biomasse legnose. Su questo tema, la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con Enea e con la partnership delle Ferrovie dello Stato, ha realizzato un Report sulla qualità dell’aria, con l’intenzione dichiarata di fornire le principali informazioni su un argomento così complesso in modo accessibile ad un ampio pubblico.

L’inquinamento atmosferico in Europa causa ogni anno la morte di oltre 500.000 persone e ha costi esterni stimati da 330 a 940 miliardi di euro, tra il 2% e il 6% del Pil comunitario.

Il report, infatti, propone un vero e proprio decalogo sulla green economy, dieci regole che potrebbero innovare le politiche nazionali sulla qualità dell’aria e dare un contributo decisivo per vincere questa importante sfida.

Vediamole in sintesi:

  • La necessità di una strategia nazionale per la qualità dell’aria, che rinnovi la governance migliorando l’integrazione e centralizzando alcune responsabilità per incidere sulle politiche nazionali dei trasporti, sull’energia, sull’edilizia etc. e individuare misure strutturali ed eccezionali valide su tutto il territorio nazionale.
  • Le politiche energetiche devono includere una valutazione degli impatti non solo sulla CO2 ma anche sui principali inquinanti atmosferici. Questo perché la combustione energetica è il principale responsabile dell’inquinamento atmosferico ma fino a oggi l’orientamento ambientale è stato quello di puntare a ridurre le emissioni di gas serra.
  • Adottare un “approccio preventivo all’emergenza”, mettendo in campo le misure prima che vengano raggiunti livelli di inquinamento critico.
  • Portare il parco circolante italiano a meno di 1 vettura ogni 2 abitanti (come oggi in Francia): si può fare scoraggiandone l’uso attraverso low emission zone, aree pedonali e ciclabili, e sviluppando la mobilità condivisa.
  • Liberare investimenti pubblici in favore del trasporto rapido di massa, delle infrastrutture ciclo-pedonali, di sistemi di logistica intelligente.
  • Servono nuovi strumenti fiscali, economici, regolatori per ridurre velocemente il numero dei veicoli diesel e benzina facendo crescere quelli ibridi plug-in, quelli full-electric e quelli a gas (in particolare su trasporto navale e merci).
  • Il settore residenziale è il primo responsabile dell’inquinamento da particolato atmosferico. È necessario intervenire con strumenti e sistemi di finanziamento in grado di promuovere interventi di deep renovation su interi edifici o gruppi di edifici esistenti e raggiungendo riduzioni dei consumi nell’ordine del 60-80%.
  • Nuove linee guida nazionali sull’utilizzo delle biomasse con chiare indicazioni circa le tecnologie da adottare e le modalità di utilizzo.
  • L’ammoniaca è un importante precursore del particolato atmosferico e l’agricoltura è responsabile del 96% delle emissioni nazionali di questo inquinante (principalmente da fertilizzanti e allevamenti). Il comparto agricolo deve quindi promuovere nuovi interventi volti a ridurre l’azoto in eccesso nei terreni (ad esempio con agricoltura di precisione e copertura dei suoli), a mitigare l’impatto degli allevamenti (ad esempio attraverso mangimi speciali e la produzione di biometano) e a sviluppare l’agricoltura biologica meno impattante.
  • L’industria è ancora il principale settore in Italia per emissioni di SOX e COVNM, che sono importanti precursori del particolato atmosferico: è possibile migliorare adottando per i grandi impianti (come impianti petrolchimici, cementifici, centrali elettriche, etc.) i limiti più stringenti previsti per le migliori tecnologie disponibili (le c.d. BAT), definendo nuovi limiti alle emissioni e istituendo un inventario delle emissioni per i piccoli impianti, promuovendo l’elettrificazione e l’utilizzo di combustibili a basso impatto ambientale in impianti ad altissima efficienza.

Come risulta evidente, nonostante i progressi compiuti fino a oggi, siamo ancora distanti da livelli di inquinamento accettabili. Per vincere la sfida della qualità dell’aria, sicuramente abbiamo bisogno di innovare le nostre politiche, tenendo conto delle caratteristiche dell’inquinamento attuale.

L’Italia - come ha dichiarato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – non centrerà i nuovi target europei al 2030 e lo sviluppo della green economy in ambito urbano, se non cambierà rotta.

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