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Microchip: la corsa dell’Europa verso il raddoppio della produzione

15 marzo 2024

di Marco Lassini

Con il Chips Act, l’Italia e l’Europa spingono gli investimenti per la costruzione di nuove Gigafactory

Dalle automobili agli elettrodomestici, dalle infrastrutture critiche per l'assistenza sanitaria all’automazione industriale, ogni oggetto smart è dotato di un microchip o semiconduttore. Negli ultimi decenni, la crescente dipendenza da dispositivi tecnologici avanzati ha amplificato l'importanza dei microchip la cui produzione è diventata strategica per la maggior parte delle economie.

Nel 2020, quattro nazioni, Taiwan, Corea del Sud, Cina e Giappone rappresentavano oltre il 50% della produzione mondiale di semiconduttori. Per anni, il colosso taiwanese TMSC è stato leader mondiale per la produzione di chip, vendendo i suoi processori ad aziende di tutto il mondo, comprese Intel e NVIDIA.

Quattro fattori che spingono l’Europa a investire nella produzione di microchip

A fronte della crescente domanda mondiale di semiconduttori, l’Europa, un tempo leader, sta ora cercando di riportare in casa la produzione di microchip. Ma quali sono i fattori trainanti di queste scelte?

La pandemia da COVID 19, i conflitti internazionali, hanno evidenziato la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali. Localizzare la produzione in Europa ridurrebbe la dipendenza da paesi extraeuropei e limiterebbe il rischio di interruzioni nelle forniture a causa di eventi globali. La carenza globale di microchip del 2020 ha causato infatti un innalzamento dei prezzi, un allungamento dei tempi di consegna per l’elettronica di consumo e le apparecchiature salvavita e un calo di 1/3 della produzione automobilistica in alcuni paesi dell’UE (European Chips Act: Factsheet, 2022).

Riportare la produzione di microchip in Europa contribuirebbe a rafforzare la sovranità tecnologica del continente riducendo la dipendenza da tecnologie e know-how stranieri. Consentirebbe di dare slancio a un settore industriale che offre opportunità di crescita economica e creazione di posti di lavoro qualificati. Questo impatto positivo si estenderebbe a monte e a valle della catena di produzione, coinvolgendo anche settori correlati.

Con un’Europa sempre più orientata verso obiettivi di sviluppo sostenibili, localizzare la produzione di microchip nel Vecchio Continente aiuterebbe a garantire che la produzione segua standard ambientali più rigorosi rispetto ad alcune regioni con leggi ambientali meno restrittive. Permetterebbe, inoltre, di ridurre le emissioni di carbonio associate al trasporto di merci su lunghe distanze. In quest’ottica, l’introduzione della nuova normativa Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), avrà una funzione di supporto nella rilocazione della produzione di manifattura avanzata in Europa. La “Carbon Tax” europea, è infatti lo strumento mediante cui l’Unione impone alle imprese importatrici di rendicontare le emissioni imputabili alle merci extra UE introdotte nei territori dell’Unione e di pagare una tassa per compensare il danno ambientale.  

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Riportare la produzione di microchip in Europa rafforzerebbe la sovranità tecnologica del continente riducendo la dipendenza da tecnologie e know-how stranieri.

Portare al 20% la quota di mercato europea con il Chips Act

Già approvata dalla Commissione Europea nel febbraio del 2022, a settembre 2023 a Bruxelles è entrata in vigore la legislazione comunitaria sui microchip, l’European Chips Act. L’obiettivo è affrontare la carenza di semiconduttori sul territorio dell’Unione portando dal 10% al 20% la quota di mercato globale dell’UE nel settore entro il 2030.

Fra gli altri obiettivi, la strategia mira a rafforzare la leadership europea nel campo della ricerca e della tecnologia, a sviluppare e rafforzare la capacità di innovazione nei settori della progettazione, della fabbricazione e dell’imballaggio di chip avanzati, infine ad affrontare la questione della carenza di competenze, attrarre nuovi talenti e sostenere l’emergere di una forza lavoro qualificata.

A livello finanziario, il Chips Act mobiliterà un totale di 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati, una parte verrà direttamente dal bilancio UE e verranno distribuiti sulla base di tre pilastri.

Il primo pilastro, l'iniziativa Chips for Europe, sarà sostenuto da 3,3 miliardi di euro di fondi UE abbinati a fondi degli Stati membri. Concretamente, questo investimento sosterrà attività come la creazione di linee di produzione pilota avanzate per accelerare l'innovazione e lo sviluppo tecnologico, la creazione di centri di competenza, lo sviluppo di chip quantistici, nonché la creazione di un Chips Fund per facilitare l'accesso al finanziamento del debito e al capitale.

Il secondo pilastro incentiva gli investimenti pubblici e privati in impianti di produzione per i produttori di chip e i loro fornitori. Mira a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento attirando investimenti e migliorando le capacità di produzione nella produzione di semiconduttori, indicando che gli aiuti di Stato saranno concessi per la creazioni di impianti “primi nel loro genere” che producono apparecchiature utilizzate nella produzione di semiconduttori, potendo così  beneficiare di procedure accelerate per la concessione dei permessi. Questi centri potranno ricevere il marchio europeo di centro di progettazione di eccellenza, con misure di sostegno dai Paesi membri.

Il terzo pilastro prevede un meccanismo di coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione per rafforzare la collaborazione con e tra gli Stati membri, monitorare l'offerta di semiconduttori, stimare la domanda, anticipare le carenze e, se necessario, innescare l'attivazione di una fase di crisi. 

Un approccio integrato permette di attingere a specialisti in grado di progettare sistemi per la gestione di materiali e gas pericolosi, sistemi di gestione acque e dell’energia.

Investimenti italiani e strategie di progettazione

Il vero fulcro del Chips Act europeo ruota attorno alla costruzione di nuove fabbriche e Gigafactory sul territorio dell’Unione.

Dopo le prime difficoltà anche l’Italia ha incassato i primi finanziamenti dalla multinazionale italo francese StM per la costruzioni di un impianto pilota in provincia di Catania. L’impianto sarà finanziato in parte anche da fondi europei per un totale di €180 milioni. Quello di Catania sarà un centro per la ricerca di chip di potenza utilizzati per automobili elettriche, impianti rinnovabili, laser e satelliti. Un tassello importante della strategia italiana per attirare multinazionali e che si appresta ad aumentare gli investimenti per la costruzione di nuove e complesse Gigafactory.

Nella strategia italiana per la microelettronica, un ulteriore passo avanti è stato fatto con l’apertura di un nuovo centro di ricerca per il design di chip nei pressi di Pavia. La nuova Fondazione Chips.IT si occuperà principalmente della progettazione  dei microchip, ovvero l’anello iniziale della catena del valore di questi dispositivi, che prevede in seguito la loro manifattura, il confezionamento e il collaudo.

Il nuovo centro sarà inoltre un punto di incontro fra il mondo della ricerca, delle università e delle aziende attive nel settore. Svolgerà un ruolo di coordinamento delle attività di ricerca e progettazione con soggetti sia pubblici che privati, mettendolo loro a disposizione “attrezzature e software di ultima generazione”. 

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Linea di assemblaggio microchip completamente automatizzata con bracci robotici ad alta precisione in una fabbrica di elettronica.

Un approccio integrato per la costruzione delle Gigafactory

La costruzione delle Gigafactory richiede un approccio di progettazione integrata. Il rispetto dei tempi nella costruzione di queste fabbriche è una priorità, così come un’immediata entrata in funzione, il che richiede di progettare e procurare materiali e attrezzature simultaneamente. Le strutture produttive avanzate richiedono notevole quantità di acqua ed elettricità per cui occorre progettare fin da subito un sistema di trattamento e riciclo delle acque reflue. Inoltre la produzione e il collaudo dei semiconduttori è un processo delicato ed esigente che richiede standard di qualità elevati. Un approccio integrato dà la possibilità di attingere a specialisti che lavorano nel settore scientifico e tecnologico, in grado di progettare sistemi per la gestione di materiali e gas pericolosi, oltre a specialisti della gestione delle acque e dell’energia.

I team multidisciplinari di Stantec, dislocati su tutto il territorio europeo e in Regno Unito, sono in grado di offrire servizi di progettazione integrata, Owner Engineering, Project Management, Construction Engineering, Sustainability & Climate Solution Services, Environmental Services e Facility Trasformaton per supportare clienti e investitori nella costruzione di unità di produzione avanzata. A livello globale ed europeo Stantec è in prima fila nell’impegno per aumentare le capacità di produzione di microchip. Nel Regno Unito, i nostri team multidisciplinari, hanno fornito servizi di progettazione integrata ad Agratas, leader globale nel settore delle batterie del Gruppo Tata, per la costruzione di un impianto di produzione di batterie. Il nuovo impianto sarà in grado di contribuire allo sviluppo tecnologico e economico del Paese, diminuendo la dipendenza dai comparti manifatturieri extra europei oltre a sostenere la transizione energetica.

Considerando gli attuali target europei verso gli obiettivi  Net Zero e Nature Positive, la recente Nature restoration law europea, la costruzione di nuove realtà industriali necessita di valutazioni che contemplino varie opzioni per assicurare che contribuiscano in varia misura ai target di sostenibilità aziendale ed europei. Nel scegliere per esempio la posizione per la costruzione di nuove strutture si potranno valutare opzioni che spazino tra l’investimento nel recupero di aree dismesse per limitare il consumo di suolo, la trasformazione di facility esistenti o considerare la costruzione di nuove strutture su terreni non sviluppati.

L’attenzione dovrà essere posta già in fase di pre-fattibilità considerando variabili multiple aggiuntive quali per esempio: le emissioni di CO2  in fase di costruzione e durante la fase operativa, così come la resilienza legata ai rischi dei cambiamenti climatici per prevenire interruzioni durante la costruzione e nel periodo di operatività.

Gli stabilimenti e gli impianti dovranno essere progettati considerando fin dalle primissime fasi l’ottimizzazione dei consumi elettrici, di acqua, prevedendo anche la possibilità di predisporre le strutture per future tecnologie e modifiche. 

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  • Marco Lassini

    Marco Lassini è ingegnere civile, e attualmente ricopre il ruolo di Europe Climate Solutions Lead. Ha lavorato come Project Manager e Coordinatore di progetto in Italia, Regno Unito, Cipro, Turchia e Tagikistan.

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