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Terre e rocce da scavo: cosa non torna ancora

18 maggio 2020

di Donato Lucadamo

Donato Lucadamo, geologo di Stantec, fa il punto sulla normativa ambientale vigente (D.Lgs. n. 152/2006) per terre e rocce da scavo

Ognuna delle qualifiche giuridiche in cui possono rientrare le TRS (Terre e rocce da scavo) -rifiuti, sottoprodotti, esclusione dal regime dei rifiuti- è regolata da specifiche normative, che, malgrado la successione e stratificazione di leggi, decreti, note ministeriali e linee guida, contengono tuttora aspetti poco chiari o definiti. Di seguito verranno brevemente presentati i principali aspetti critici della normativa relativi alla gestione delle TRS come sottoprodotto.

La principale normativa ambientale vigente (D.Lgs. n. 152/2006) identifica in primo luogo le terre e rocce da scavo come rifiuti speciali (art. 184, comma 3, lettera b)), definendo, però, anche delle eccezioni:

  • Gestione come sottoprodotto;
  • Esclusione dal regime dei rifiuti.

La norma principale in questo ambito è rappresentata dal D.P.R. n. 120/2017¹, in merito al quale ci sono alcuni dubbi interpretativi:

  • non è ben chiaro il coordinamento tra le definizioni di “opera” e “sito”, con potenziale appesantimento burocratico-procedurale anche per le grandi opere soggette a VIA/AIA (come meglio descritto in merito alla linea guida n. 22/2019);
  • la “normale pratica industriale” non è ben definita, visto che nell’allegato 3 del D.P.R. si parla di «operazioni più comunemente effettuate», lasciando il campo a possibili contenziosi con le autorità di controllo;
  • non sono ben chiari i rapporti tra produttore/proponente/esecutore, aprendo il campo a possibili strascichi giudiziari tra questi soggetti, in caso di contenziosi con le autorità;
  • non sono ben chiari i rapporti tra ARPA e altri organi dell’amministrazione pubblica per la validazione preliminare e/o controlli preventivi, lasciando il campo a possibili problemi in caso di discordanza tra organi dell’amministrazione pubblica.

In seguito all’emissione del D.P.R. sopra citato e facendo seguito a richieste di chiarimenti, provenienti dai soggetti interessati, il Ministero dell’Ambiente e ISPRA/SNPA hanno emesso altri documenti (note interpretative e linee guida), al fine di chiarire ed esplicitare i termini della gestione delle TRS. I documenti più rilevanti, emessi dopo l’entrata in vigore del D.P.R. (22 agosto 2017), sono:

  • la Nota ministeriale n. 15786 del 10 novembre 2017;
  • la Linea Guida n. 22/2019.

In merito alla Nota, in essa il Ministero, prendendo in esame le opzioni previste dall’art. 3, comma 3 del D.L. 2/2012 (rimozione, messa in sicurezza permanente, conformità ai limiti del test di cessione), ha indicato che la prima e la seconda opzione rientrano nel campo delle bonifiche, mentre la terza appartiene all’ambito della gestione dei rifiuti. Questa disamina, tuttavia, pone alcuni problemi interpretativi, in quanto:

  • trascura la recente giurisprudenza in merito, che, invece, per le matrici materiali di riporto non assimilabili a suolo, fa riferimento alla sola normativa sui rifiuti e non a quella sulle bonifiche;
  • introduce una distinzione nella normativa di riferimento, basata, sembra, sul destino delle TRS con materiale di riporto, per cui:
  • se non vengono scavate si applica la normativa sulle bonifiche;
  • se vengono scavate si applica la normativa sui rifiuti;
  • sembra introdurre una ulteriore suddivisione all’interno delle matrici materiali di riporto (non prevista dalla normativa), laddove indica che «Nel caso in cui nelle matrici materiali di riporto sia presente una fonte di contaminazione è necessario procedere alla eliminazione di tale fonte di contaminazione e non dell’intera matrice materiale di riporto prima di poter riutilizzare in situ il materiale di riporto stesso».

In merito alla Linea Guida, il Ministero ha fornito chiarimenti in merito a:

  • sito;
  • requisiti di qualità ambientale per i grandi cantieri non sottoposti a Via/Aia e per i piccoli cantieri;
  • normale pratica industriale;
  • matrici materiali di riporto.

In sostanza, dall’analisi dei documenti sopra citati, emerge che le principali questioni aperte nell’ambito della gestione delle TRS come sottoprodotto sono:

  • il non allineamento tra le definizioni di sito e opera, che porta SNPA a sostenere che il sito debba essere inteso come «l’area cantierata caratterizzata da contiguità territoriale in cui la gestione operativa dei materiali non interessa la pubblica viabilità. All’interno del sito così definito possono identificarsi una o più aree di scavo e/o una o più aree di riutilizzo (…)». In questa ottica, l’attraversamento di una qualunque pubblica via pregiudicherebbe l’ipotesi di riutilizzo in sito, imponendo che, nel caso di grande opera, il riutilizzo “in sito” possa avvenire nelle sole porzioni perimetrate della stessa. Inoltre, per le grandi opere sottoposte a Via/Aia, sarebbe necessario soddisfare le condizioni dell’art. 24, che prevedono la redazione di un piano preliminare e di un progetto definitivo di riutilizzo delle Trs per ognuna delle aree perimetrate all’interno dell’opera, con conseguente appesantimento burocratico e procedurale;
  • la poca chiarezza in alcuni punti o passaggi chiave della gestione delle TRS (definizione di “normale pratica industriale”, rapporti produttore/proponente/esecutore, rapporti tra Arpa e altri organi dell’amministrazione pubblica per la validazione e/o controlli);
  • eccessiva sanzione per violazione di obblighi formali (le TRS perdono la qualifica di sottoprodotto e divengono rifiuti se alcuni documenti non vengono aggiornati/consegnati nei tempi previsti).

Si segnalano, infine, due aspetti, relativi alle matrici materiali di riporto, che molto spesso rientrano nell’ambito di valutazione delle TRS come sottoprodotto:

  • l’assenza di chiarezza nella qualifica giuridica dei riporti che presentano superamenti del test di cessione (terre o rifiuti);
  • l’introduzione da parte di SNPA di criteri difficilmente utilizzabili/valutabili per la definizione di riporti storici (realizzati antecedentemente al D.P.R. n. 915/1982 o realizzati con materie prime seconde, pre D.Lgs. n. 205/2010, o con materiali riciclati ai sensi del 184-ter, D.Lgs. n. 152/2006).

In conclusione, non si può che restare in attesa di ulteriori chiarimenti o modifiche normative o, nel frattempo, di interventi giurisprudenziali, che aiutino a identificare una linea interpretativa coerente.

 

[1] Gazetta ufficiale - DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 13 giugno 2017, n. 120

  • Donato Lucadamo

    Donato Lucadamo, geologo con oltre 20 anni di esperienza, si occupa di caratterizzazione ambientale di terreni e acque, modellizzazione di flusso e trasporto degli inquinanti negli acquiferi e svolge consulenza tecnica in materia di rifiuti.

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